Diritti fondamentali

Legge sull'aborto

Sun, 12/24/2023 - 16:44 by webmaster

diritto all'aborto

Storia dell’aborto 

La prima documentazione dell’aborto risale a 12.000 anni avanti cristo, documentata su un basso rilievo in Cambogia. L’aborto si praticava con gli oggetti appuntiti e la pressione sulla pancia con, avvolte, le conseguenze tragiche. 

In antico Egitto l’aborto era una pratica accettata a patto che fosse il marito a darne il consenso. Si praticava assumendo un certo composto di erbe e la pressione sull’addome per portare il feto alla morte. Finita l’era dei romani finì anche l’era progressista sull’aborto fino ai tempi nostri. L’aborto veniva praticato illegalmente con svariate pratiche mettendo la donna a rischio di morire insieme al feto. Nel 900’ nascono i movimenti in tutta l’Europa per rivendicare questo diritto. 

 

 

Storia Italiana dell’aborto 

L’aborto in Italia era illegale chi procurava l’aborto ad una donna o la donna che si procurava l’aborto erano punibili con la reclusione da 1 a 4 anni. Regolamentazione dell’aborto arrivò 22 maggio 1978 con la legge 194 dopo una lunga battaglia che iniziò nel 1971.  

Negli anni 50 e 60 nascono le rivoluzioni in America e in Francia. In Italia vengono pubblicate le storie delle donne, morte dopo aver praticato aborto illegale perché anche se l’aborto fosse illegale veniva praticato lo stesso con rischi di morte elevati.  

Nel 1971 il partito socialista presenta al senato la prima proposta di legge volta alla regolamentazione dell’aborto, viene dichiara illegittima dalla corte costituzionale a causa dell’articolo 533 del codice penale risalente all’epoca fascista, che prevedeva il reato di propaganda anticoncezionale.  Nello stesso anno avvenne depenalizzazione. Nel 1973 venne presentata la legge sul divorzio.  Nel 1975 Corte Costituzionale con la sentenza n.27 dichiara illegittimo art. 546 del codice penale che vieta l’aborto.  

Per comprendere l’atmosfera dell’epoca si può leggere la lettera che sul tema Italo Calvino scrisse a Claudio Magris nel febbraio del 1975: «Nell’aborto chi viene massacrato, fisicamente e moralmente, è la donna; anche per un uomo cosciente ogni aborto è una prova morale che lascia il segno, ma certo qui la sorte della donna è in tali sproporzionate condizioni di disfavore in confronto a quella dell’uomo, che ogni uomo prima di parlare di queste cose deve mordersi la lingua tre volte». 

 

Nel 1976 un progetto elaborato dalle commissioni permanenti Giustizia e Sanità riunite venne approvato dalla camera e bocciato del senato.  

Nel 1978 passò la legge alla camera e al senato che permetteva di abortire alle donne nei primi 90 giorni di gravidanza e 4 e 5 mese per le ragioni terapeutiche ovvero se il proseguire della gravidanza metteva a rischio la sua salute fisica e mentale. Dato le proteste da una parte e il dissenso della chiesa a maggio 1981 si svolse il referendum. Tutti punti abrogativi ricevettero no con una grande maggioranza. 

La legge 194 non ha mai smesso di sollevare le polemiche sia dalla chiesa cattolica, sia da quelli che contestano l’abuso di obiezione di coscienza.  

 

 

Storia Americana 

Negli anni ’60 i sostenitori del diritto all’aborto hanno gettato le basi della storica sentenza "Roe contro Wade". 

22 gennaio 1973 Sentenza Roe vs Wade.  

Jane Roe era una donna texana in cinta. Texas aveva le leggi più restrittive sull’aborto, quindi neanche le donne vittime di stupro o l’incesto non potevano abortire. 

Prima della sentenza l’aborto era illegale anche se era una pratica richiesta ed eseguita. Due crisi riguardanti il sistema sanitario che attraversarono America hanno aperto il dibattito sull’aborto. La prima un farmaco chiamato talidomide che serviva per la nausea, l’ansia e l’insonnia che causava l’aborto spontaneo e la nascita dei bambini con le malformazioni e la seconda crisi ad aprire il dibattito era l’epidemia della rosolia. Le donne che contrarono la rosolia avevano più probabilità di abortire e si stimò che circa 20.000 bambini nacquero con anomalie congenite quali sordità, anatomia atipica, disabilità intellettive e problemi cardiaci.  

Anche se molti medici, come Hodgson, appoggiavano l’aborto nei casi di donne che avevano contratto la rosolia, le leggi che lo vietavano esponevano i medici al rischio di essere arrestati, perdere l’abilitazione a esercitare e altre penalità.  

Questi due casi hanno aperto il dibattito sull’aborto nel sistema giudiziario americano. 

Nel 1969 la 21enne Norma McCorvey rimase incinta. Aveva avuto già due figli e faceva abuso di sostanze, quindi, non avrebbe potuto tenere con sé i figli. A differenze delle donne benestanti non poteva viaggiare e pagare un medico affidabile per un aborto clandestino. Un paio di avvocati si offrirono di intentare una causa.  

McCorvey acconsentì a partecipare alla causa presentata dagli avvocati Sarah Weddington e Linda Coffee. Il caso fu presentato con lo pseudonimo Jane Roe. “Jane Roe” viveva, sostenendo che la legge del Texas violava il diritto costituzionale delle donne alla privacy, ovvero la loro libertà a vivere senza inopportune intrusioni da parte del governo nella loro vita privata. 

A questo caso si aggiunse quello di Mary Doe una 22 enne di Giorgia che stava per divorziare e non avrebbe potuto crescere il figlio. Dopo che l’ospedale si rifiutò di eseguire l’aborto con aiuto di una associazione citò in giudizio il procuratore generale della Giorgia. La corte distrettuale dichiarò che le donne avevano il diritto di abortire, indipendentemente dal fatto che fossero state vittima di violenza sessuale, che fossero in pericolo di vita, che portassero in grembo un feto che era a rischio di gravi pericoli di salute, o meno. 

 

La corte distrettuale dichiarò la legge del Texas incostituzionale, ma la corte si rifiutò di ordinare a Texas di smettere di applicare la vecchia legge.  

Aborto era un crimine e con la sentenza della corte suprema divenne un diritto costituzionale.  

Sotto parola privacy ci immaginiamo la protezione delle informazioni. Nel 14 emendamento della costituzione americana è inteso anche come il divieto dalla parte del governo di intromettersi nelle decisioni degli individui. In questo caso se avere un figlio o meno. I principi generali della costituzione vietano al governo di intromettersi. Il diritto di decidere per se stessi. Il secondo fatto è che l’aborto è un fatto puramente privato è quando è puramente privato vanno applicati i principi generali della costituzione.  

A giugno 2022 Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la sentenza, in vigore da quasi 50 anni. Molti Stati hanno immediatamente integrato le restrizioni per l’accesso all’aborto. 

Prendendo la decisione la Corte suprema non ha preso in considerazione che criminalizzando l’aborto mette a rischio la vita delle donne che ricorrendo all’aborto illegale ne conseguono numerose morti. 

Mentre gli stati come Argentina, Irlanda, Mexico e Colombia negli anni passati hanno legalizzato l’aborto, gli Stati Uniti hanno riportato indietro tale progresso mondiale.  

 

 

 

Aborto e diritti fondamentali 

 

Ribaltando la sentenza Roe vs Wade non è solamente il risultato della campagna contro i diritti delle donne ma è anche profondamente razzista e classista 

Agnes Callamard, Amnesty International’s Secretary General 

Perché sono proprio le fasce più vulnerabili che non potranno viaggiare negli stati dove è permesso l’aborto e non potranno accedere alle cliniche private. 

 

Le politiche sull’aborto di Amnesty international si basano sul riconoscere la capacità delle persone ad esercitare la loro autonomia riproduttiva, controllo della loro vita riproduttiva e di decidere quando avere i figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani delle donne, ragazze e le persone che diventano incinta.  

I diritti che subentrano in modo particolare sono il diritto alla vita, alla salute, alla privacy, alla dignità, integrità del corpo e autonomia personale, parità e non discriminazione, uguaglianza difronte la legge, e libertà dalla tortura, trattamento disumano e degradante o punizione. Inoltre, la capacità di prendere decisioni sul proprio corpo, sulla sessualità e sulla riproduzione è al centro della giustizia di genere, economica e sociale. 

I stati che hanno impedito alle donne di abortire violano i diritti fondamentali delle donne in quanto le donne hanno il diritto di decidere sul proprio corpo e del proprio futuro. Questa legge di fatto costringe le donne vittime di stupro di tenere il figlio del proprio stupratore e di avere un figlio mai desiderato e pianificato.  

Questa legge di fatto impedisce alle donne di ottenere la parità di sesso, questa legge regressiva anti aborto impedisce alle donne di realizzare i proprio obiettivi.  

Di fatto mette le donne in pericolo di vita in quanto le pratiche illegali per l’aborto prevedono di rompere la sacca con liquido amniotico, uso delle sostanze chimiche che possono causare l’emorragia e le infezioni. 

 

CEDAW (treaty for the rights of woman United Nations Conventions on the elimination of discrimination against woman: 

Costringere qualcno di portare a termine una gravidanza non desiderata o costringere una persona a cercare un aborto pericoloso è una violazione dei diritti umani, non parlando del diritto alla privacy e autonomia del corpo.  

 

Il rischio di tornare al passato è tutt’altro che lontano.